Paolo Bonolis è uno dei conduttori più famosi del nostro paese, nonostante questo però ha vissuto anche lui delle insicurezze nella vita come quella con la balbuzie.
Una cosa di cui Paolo ha spesso parlato per far capire anche a chi è in difficoltà che si può recuperare rapidamente e raggiungere risultati eccellenti.
Bonolis nasce a Roma il 14 giugno del 1961 e arriva in tv dalle porte di Rete 1 nel 1980/81 a 3, 2, 1… contatto!. L’esplosione di notorietà arriva tra il 1982 e il 1990 quando con Roberto Cerioli, Marco Bellavia, Carlotta Brambilla e tanti altri conduce Bim Bum Bam la tv dei ragazzi di Mediaset.
Qui si guadagna notorietà e grande prestigio che lo portano a diventare uno dei conduttori di punta di Mediaset, una cosa che non è cambiata praticamente fino a giorni nostri se si va a escludere qualche piccolo passaggio sulla Rai. Paolo è simpatico, intelligente e piace al pubblico, con il suo modo di fare ha conquistato tutti ma chi se lo aspettava di vederlo esplodere nonostante tutte le sue insicurezze quando era ragazzo.
Paolo Bonolis ha dovuto affrontare diversi problemi nella sua vita come la malattia della figlia che ha raccontato con sempre grandissima sensibilità. Da piccolo poi soffriva di balbuzie una cosa che ha minato la sua sicurezza e lo ha messo in una condizione di difficoltà nei confronti del prossimo. Un problema che aveva del tutto escluso un lavoro così sociale.
In un’intervista spiegò: “Quando ero bambino, fin da quando facevo le elementari, la balbuzie era molto forte. Tanto che a volte balbettavo al punto da non poter essere interrogato. Sennò gli altri ragazzini potevano passare tutta l’ora a sentirmi. All’inizio ridevano tutti e mi prendevano in giro, ma poi alla fine non ne potevano più e sbadigliavano quando capitava. La maestra iniziò a optare per me per l’interrogazione scritta. In quel modo le coltellate di Giulio Cesare rimanevano sempre 33 e non diventavano più 66..”.
Spiega poi come si è costruito l’autostima: “Su questo sono stati fondamentali i miei genitori. Mi fecero comprendere che il mio difetto mai mi avrebbe impedito di essere come gli altri. Papà mi diceva che non era un problema, ma che il problema era di quelli che lo vedevano tale. Io non facevo altro che dire cosa pensavo, solo ci mettevo un po’ di più”.
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